La verifica del titolare effettivo di un’impresa è da sempre centrale, in materia di antiriciclaggio. Alcune strutture societarie possono infatti essere abbastanza complesse e tortuose da nascondere identità ed eventuali attività sospette a carico di un soggetto.
Il 10 ottobre è entrato in vigore il cosiddetto Registro dei titolari effettivi. Per le società di capitali, le persone giuridiche private riconosciute e i trust scatta l’obbligo di comunicare i propri titolari effettivi al Registro delle imprese. Tale misura mira a contrastare il fenomeno del riciclaggio.
Dal 10 ottobre le società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni e società cooperative), i trust e le persone giuridiche private (associazioni e fondazioni riconosciute) hanno 60 giorni di tempo per comunicare i propri titolari effettivi al Registro delle imprese. È quanto prevede il Decreto che è stato pubblicato il 9 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale.
La comunicazione deve essere trasmessa dagli amministratori o dai legali rappresentanti con propria firma digitale attraverso un software dedicato. Inoltre, devono essere indicati anche nome e cognome, data di nascita, cittadinanza e codice fiscale del titolare effettivo.
Le società e gli enti già esistenti devono comunicare il titolare effettivo al Registro delle imprese entro il 11 dicembre 2023. I dati vanno confermati annualmente.
Alla violazione dell’obbligo di comunicazione del titolare effettivo farà seguito una sanzione amministrativa da 103 a 1.032 euro.
Ma chi è il titolare effettivo di una società? E perché è importante individuarlo?
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Contratto di cessione dei diritti al brevetto
Con il "contratto di cessione" il titolare trasferisce a titolo definitivo il proprio diritto, perdendone la proprietà a favore del cessionario, di regola dietro pagamento di un prezzo.
Generalmente si ricorre alla stipulazione di contratti di cessione di tecnologie quando non si ha interesse ad essere presenti nello specifico mercato al quale si riferisce il prodotto o procedimento inventato; mentre si ricorre alla cessione di un segno distintivo quando non si intende più utilizzarlo, solitamente a seguito dell'alienazione dell'azienda alla quale il segno si riferiva.
Procuratore generale dell’impresa
A differenza dell’institore, i semplici procuratori hanno il potere di compiere gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, ma non sono preposti ad essa. Quindi non hanno autonomia né potere direttivo, ma mansioni esclusivamente esecutive. La gestione dell’impresa è tenuta dal titolare stesso o dall’institore, i quali si servono per porre in essere gli atti già da loro deliberati dell’opera dei procuratori, sia nell’ambito dell’intera impresa, sia in un ambito circoscritto (settore di affari).
La legge estende ai procuratori unicamente le norme già esaminate sulla pubblicità della procura, delle sue limitazioni e della revoca (art. 2209 c.c.).
Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi
Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.
Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.
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