Venerdì 9 febbraio 2024

Riforma fiscale 2024: chiarimenti sulle novità in materia di Irpef e detrazioni da lavoro dipendente

a cura di: AteneoWeb S.r.l.
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Prime indicazioni sulle novità introdotte in materia di Irpef dal DL n. 216 del 30 dicembre 2023 (Attuazione del primo modulo di riforma dell'Irpef e altre misure in tema di imposte sui redditi).

L'Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 2/E del 6 febbraio, fornisce istruzioni operative sulla prima parte della riforma fiscale, che prevede la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3.
Per il solo anno 2024, dunque, per la determinazione dell'Irpef l'imposta lorda è calcolata applicando le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

  • 23% per i redditi fino a 28mila euro;
  • 35% per i redditi superiori a 28mila e fino a 50mila euro;
  • 43% per i redditi 50mila euro. 

Ulteriori novità riguardano la modifica delle detrazioni da lavoro dipendente e assimilato
Previsto l'aumento di 75 euro (da 1.880 a 1.955 euro), sempre per il solo anno 2024, della detrazione per i titolari di redditi di lavoro dipendente e per taluni redditi assimilati, a condizione che il reddito complessivo non superi 15.000 euro.
Con questa modifica viene dunque ampliato, fino a 8.500 euro, l’ammontare del reddito
escluso da imposizione (c.d. no tax area) previsto per titolari di redditi di lavoro dipendente e di taluni assimilati, equiparandolo a quello già vigente a favore dei pensionati.

La modifica, viene chiarito nella Circolare, riguarda solo il primo periodo dell’articolo 13, comma 1, lettera a), del Tuir, restando quindi ferma l’applicazione delle altre disposizioni contenute nel medesimo articolo.
In particolare, nel calcolo del reddito complessivo da utilizzare per la determinazione delle agevolazioni fiscali (il c.d. reddito di riferimento), si deve tenere conto anche:

  • dei redditi assoggettati a cedolare secca e al regime forfetario;
  • della quota di agevolazione Ace.

Resta fermo anche che il reddito complessivo deve assumersi al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e relative pertinenze.


Fonte: https://www.agenziaentrate.gov.it
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  • Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi

    Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.

    Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
    Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
    La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
    Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
  • Atto dichiarativo di impresa familiare

    L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
     Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:

    • agli utili dell'impresa familiare;
    • ai beni acquistati con essa e agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
  • Contratto di joint venture tra studi professionali

    Il contratto di joint venture si può definire nel nostro caso come un accordo in forza del quale due o più studi (o imprenditori) mettono in comune dei mezzi per collaborare e cooperare al fine di fornire una maggiore specializzazione e quindi un'assistenza al cliente più completa sotto vari aspetti (giuridico, di diritto internazionale, fiscale).
    Nell'esecuzione della propria prestazione professionale, ciascuno studio conserva autonomia e individualità, così che siamo di fronte ad un contratto associativo atipico, distinto anche dal contratto di società.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
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