Con Nota n. 8301 del 4 giugno il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito chiarimenti in merito all'utilizzo degli statuti standard da parte di enti non aderenti alle reti associative proponenti, ai sensi dell'art. 47, comma 5 del D.lgs. 3 luglio 2017, n.117 (Codice del Terzo settore).
In particolare, è stato chiesto al Ministero:
Il Ministero osserva che la conoscibilità dei modelli di statuto (assicurata dalla pubblicazione degli stessi sul sito ministeriale) predisposti a cura delle reti anche da parte di enti non affiliati, non dà luogo, in caso di utilizzo, alla riduzione dei tempi procedimentali legati alla presentazione di un’istanza di iscrizione o di deposito di una variazione statutaria, ma è in grado, nel medio periodo, di produrre, anche se indirettamente, effetti.
A meno di un evidente illogicità di collocazione/utilizzo rispetto allo statuto nel suo complesso, gli uffici non contesteranno una determinata formulazione statutaria se rinvenibile anche in uno dei modelli standardizzati approvati dal Ministero.
Ove ciò si verificasse, l’ente interessato potrebbe portare tale circostanza all’attenzione dell’Amministrazione procedente, che a quel punto potrebbe rivedere la propria posizione oppure riaffermarla, ma in questo caso ricorrendo ad un supplemento di motivazione che dia conto delle ragioni specifiche per cui non debbano ritenersi sufficienti sul punto le argomentazioni addotte.
Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi
Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.
Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.
Contratto d'affitto di azienda
L'affitto di azienda è un contratto con il quale un soggetto (locatore o concedente) consente a un terzo (affittuario) il diritto di utilizzare la propria azienda dietro il corrispettivo di un canone.
L'istituto è previsto dal codice civile all'art. 2562 che rinvia al precedente art. 2561 che disciplina l'usufrutto dell'azienda.
Pertanto sia all'affittuario che all'usufruttuario si applica la medesima disciplina. ?Il contratto di affitto può riguardare l'intera azienda, più aziende possedute dallo stesso imprenditore o un solo ramo dell'attività. Il codice prevede una serie di poteri-doveri in capo all'affittuario in maniera che questi abbia la libertà operativa per gestire l'impresa, ma nello stesso tempo tutela l'interesse del locatore affinché non sia menomata l'efficienza dell'azienda che dovrà ritornare a sua disposizione alla scadenza del contratto.
Pertanto l'affittuario:
Procuratore generale dell’impresa
A differenza dell’institore, i semplici procuratori hanno il potere di compiere gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, ma non sono preposti ad essa. Quindi non hanno autonomia né potere direttivo, ma mansioni esclusivamente esecutive. La gestione dell’impresa è tenuta dal titolare stesso o dall’institore, i quali si servono per porre in essere gli atti già da loro deliberati dell’opera dei procuratori, sia nell’ambito dell’intera impresa, sia in un ambito circoscritto (settore di affari).
La legge estende ai procuratori unicamente le norme già esaminate sulla pubblicità della procura, delle sue limitazioni e della revoca (art. 2209 c.c.).
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