Approvato il 21 marzo dal Consiglio Nazionale, il nuovo codice deontologico è entrato in vigore il 1° aprile 2024.
Modifiche di rilievo:
In merito al trattamento economico del tirocinante viene confermato il testo dell’articolo 37 del testo previgente, e cioè “Il rapporto di tirocinio non determina alcun rapporto di lavoro subordinato ed è considerato come periodo di apprendimento professionale. Esso è per sua natura gratuito e non determina l’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale. Tuttavia, sin dall’inizio del periodo di tirocinio, il professionista dovrà concordare con il tirocinante un rimborso spese forfettario. Inoltre, il professionista non mancherà di attribuire al praticante, il cui apporto sia di rilevante valore e utilità per lo studio, somme, a titolo di borsa di studio, per favorire ed incentivare l’assiduità e l’impegno nell’attività svolta.”
E’ invece praticamente inalterato il testo dell’articolo 15 (ex 16) in materia di subentro ad un Collega e, in questi oltre 40 anni di attività mi sono sempre reso disponibile nei confronti del subentrante, trasmettendo tempestivamente la documentazione reputata utile per il proseguimento dell’incarico del subentrante, mentre non ho ricevuto, alcune volte, un minimo di collaborazione subentrando ad un Collega in qualche incarico; collaborazione che viene resa nell’interesse del cliente ed ai sensi del comma 3 dell’articolo 15 Il professionista che venga sostituito da altro collega deve prestare al subentrante piena collaborazione, trasmettergli senza indugio, e previo consenso del cliente, tutta la documentazione in suo possesso, nonché adoperarsi affinché il subentro avvenga senza pregiudizio per il cliente.
Così come opportunamente è stato inserito il comma 5 e 6 all’art. 19 Al professionista è fatto divieto di chiedere o ricevere da colleghi o da terzi in genere compensi, provvigioni, omaggi, riconoscimenti o vantaggi in cambio della presentazione di un cliente o di proposte di incarichi da attribuire agli stessi colleghi o ai terzi. Il professionista, nel comunicare ai potenziali clienti le proprie competenze professionali, deve astenersi dall’inviare messaggi o porre in essere comportamenti finalizzati a sottrarre i clienti di altri iscritti.
Atto dichiarativo di impresa familiare
L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:
I comitati sono organizzazioni di persone che, mediante la raccolta pubblica di fondi, intendono perseguire scopi d’interesse generale.
La disciplina dei comitati è prevista dagli articoli 39 e seguenti del codice civile. La formula del comitato viene utilizzata qualora l’esigenza di perseguire fini di pubblica utilità sia avvertita da persone che non dispongono di mezzi patrimoniali adeguati. Costoro possono farsi promotori di una sottoscrizione pubblica e raccogliere, in questo modo, i fondi necessari per raggiungere lo scopo.
L’articolo 39 del codice civile contiene alcuni esempi di comitati:
Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi
Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.
Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.
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