Trattamento IRAP delle plusvalenze realizzate dalle società calcistiche in sede di cessione del contratto di prestazione sportiva dei calciatori
 Risoluzione Agenzia Entrate n. 213 del 19.12.2001
 
      Con la nota prot. 29754 del 9 aprile 2001, una Direzione Regionale  ha chiesto alla scrivente un parere sull'imponibilità ai fini IRAP dei proventi che le società calcistiche realizzano all'atto del trasferimento  dei calciatori.
      Il dubbio interpretativo è sorto in seguito alle indicazioni  fornite dalla Federazione Italiana ..... - Lega Nazionale Professionisti  che, da ultimo con nota del 1 marzo 2001, ha affermato che "l'eventuale  maggior somma conseguita nella cessione del contratto di un calciatore non  costituisce plusvalenza tassabile agli effetti IRAP."
 
  Normativa di riferimento
      Il contratto di prestazione sportiva tra le società e gli sportivi  professionisti è attualmente disciplinato dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, e dal decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485 convertito, con modificazioni,  dalla legge 18 novembre 1996, n. 586.
      In precedenza, l'atleta professionista era legato alla società,  oltre che dal contratto di prestazione sportiva, anche dal cosiddetto "vincolo sportivo" che configurava un rapporto autonomo e distinto rispetto  al contratto di prestazione sportiva, in base al quale la società acquisiva un diritto, esclusivo ed alienabile a terzi, all'utilizzo dell'atleta per  l'intera durata della sua carriera sportiva.
      A seguito della legge di riforma n. 91 del 1981, invece, tutti gli elementi del rapporto di lavoro tra società e atleta professionista,  compresa la durata del rapporto stesso, sono esclusivamente fissati nel  contratto di prestazione sportiva.
      In particolare, in base all'art. 5 della citata legge, "il contratto.......può contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non  superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto.......E' ammessa  la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad  un'altra, purchè vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalità  fissate dalle federazioni sportive nazionali".
      Va peraltro precisato che, ai sensi dell'art. 6 della legge suindicata, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge n. 485 del 1996,  alla società presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività  dilettantistica o giovanile è riconosciuto un premio di addestramento e  formazione tecnica.
 
      La tesi sostenuta dalla Federazione Italiana .... In dottrina  esistono opinioni contrastanti in merito alla natura del contratto con cui  avviene il trasferimento dell'atleta.
      Parte della dottrina, tra cui quella alla quale fa riferimento la FEDERAZIONE ITALIANA..., considera tale fattispecie caratterizzata dalla  commistione di almeno tre atti, o contratti, distinti. Il primo è l'accordo  tra due società sportive e l'atleta per il trasferimento di quest'ultimo; il secondo è l'accordo tra le due società sportive per la risoluzione  anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere; il terzo è la  stipulazione del nuovo contratto di prestazione sportiva, tra l'atleta e la  nuova società.
      Questa ricostruzione della fattispecie è giustificata dalla circostanza che, nella pratica, la nuova società sportiva e l'atleta  rinegoziano il contenuto del contratto di prestazione sportiva, in merito  alla scadenza, al corrispettivo e ad altri elementi accessori.
      In sostanza, si afferma che il corrispettivo versato dalla società  che acquisisce le prestazioni sportive dell'atleta, non ha come causa la  cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione. La società cessionaria non acquista il contratto in essere, ma solo il diritto  di concludere un nuovo contratto con l'atleta, peraltro subordinato alla  concorde volontà di quest'ultimo.
      Secondo questa tesi il diritto a concludere un nuovo contratto con l'atleta, per quanto bene immateriale, non sarebbe annoverabile tra quelli  strumentali all'esercizio dell'attività sportiva. Ciò perché, in assenza  della stipulazione del successivo contratto di prestazione sportiva, questo  diritto "non è suscettibile di alcuna autonoma funzione produttiva". Di  conseguenza, "le somme pattuite tra le società sportive per l'anticipata  risoluzione del contratto di lavoro del calciatore professionista non  costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all'imposta regionale sulle attività produttive."
 
  Interpretazione
      Diverse sono le ragioni che inducono la scrivente a non poter condividere la tesi sostenuta dalla FEDERAZIONE ITALIANA....
      In primo luogo, pur riconoscendo che l'accordo per il trasferimento  di un atleta è a volte il risultato di trattative complesse e di più atti  tra loro collegati, soprattutto nel caso della cessione di calciatori  professionisti molto quotati o nel caso del trasferimento del calciatore da  o per l'estero, si ritiene che la fattispecie non si discosti dallo schema  tipico della cessione del contratto.
      Infatti, oggetto del contratto tra la società sportiva e l'atleta è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto  stesso. Con la cessione del contratto, la società sportiva cessionaria  acquista, con il consenso dell'atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto e succede in tutti gli obblighi e i diritti connessi.
      La società cessionaria, in base agli accordi con l'atleta, potrà:
        - continuare il rapporto contrattuale con i medesimi contenuti;
        - regolarlo in modo diverso (quanto a durata, corrispettivo ed  altri elementi accessori);
        - cedere, a sua volta, il diritto alla prestazione sportiva, prima  della scadenza pattuita.
      Questa interpretazione della fattispecie è confermata dal tenore letterale del già citato art. 5 della legge n. 91 del 1981, che definisce cessione del contratto il trasferimento di un atleta da una società ad  un'altra, in pendenza della durata del contratto stesso.
      Ulteriore conferma emerge anche dall'esame della normativa speciale relativa alle società calcistiche. Gli articoli 95 e seguenti delle Norme Organizzative Interne, con le quali la FEDERAZIONE ITALIANA... ha  disciplinato la "variazione di tesseramento" del calciatore, fanno  riferimento espresso alla cessione del contratto. In particolare, la  variazione di tesseramento di un calciatore consegue alla scadenza di un  precedente contratto di prestazione sportiva o alla cessione dello stesso  prima della scadenza. Inoltre è espressamente previsto che il rapporto  conseguente alla cessione del contratto possa avere scadenza diversa da  quella originaria.
      In sostanza, con la cessione del contratto, ciò che viene ceduto è il diritto all'utilizzo esclusivo della prestazione dell'atleta dietro  corrispettivo, che costituisce l'elemento essenziale del contratto.
      L'eventuale modifica di elementi accessori del contratto ceduto, quali la  scadenza o la quantificazione del corrispettivo, non influisce sulla  qualificazione giuridica della fattispecie.
      Il diritto all'utilizzo esclusivo della prestazione dell'atleta, oggetto del contratto ceduto, deve essere considerato un bene immateriale  strumentale.
      Secondo corretti principi contabili di redazione del bilancio, il  relativo costo è un'immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo  un arco temporale di più esercizi. Non può, tuttavia, essere considerato  un onere pluriennale, in quanto il costo è collegato all'acquisizione di  uno specifico diritto.
      Pur nella sua atipicità, il diritto all'utilizzo della prestazione sportiva dell'atleta può essere meglio assimilato ai beni immateriali, come  le concessioni, che danno diritto ad un facere esclusivo da parte  dell'utilizzatore.
      Il Ministero delle Finanze aveva già espresso un orientamento  conforme a tale tesi nella riunione degli ispettori compartimentali delle II.DD. del 24-25 novembre 1988. In quella sede, anche se con riferimento al  vincolo sportivo, il Ministero aveva affermato che quest'ultimo andava compreso tra gli altri diritti iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale, suscettibili di generare plusvalenze e ammortizzabili ai sensi dell'art. 68 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
      Tale orientamento ha rappresentato una novità rispetto alla posizione assunta dal Ministero nella risoluzione n. 1694 del 21 novembre 1981, nella  quale si era affermato che "il prezzo pagato dalla società cessionaria, in  quanto costo che partecipa alla produzione del reddito di più esercizi, può essere ricompreso, in mancanza di specifica previsione normativa, nella  categoria dei costi di cui al terzo comma dell'art. 71 del D.P.R. 29  settembre 1973, n. 597", ossia tra gli altri costi ad utilizzazione  pluriennale.
      L'ultima pronuncia del Ministero, che si ritiene di poter confermare anche oggi dopo l'abolizione del vincolo sportivo, è giustificata dalla modifica subita dalla disciplina dell'ammortamento dei beni immateriali  contenuta nell'art. 68 del TUIR.
      Il te sto dell'art. 69 del DPR n. 597 del 1973 individuava in modo  preciso i diritti rientranti tra i beni immateriali ammortizzabili; di  conseguenza, in mancanza di specifica previsione normativa, i diritti  diversi da quelli enunciati dovevano, necessariamente, rientrare nella previsione normativa del terzo comma del successivo art. 71.
      Il comma 2 dell'art. 68 del TUIR, invece, include tra i beni  immateriali la categoria residuale degli "altri diritti iscritti nell'attivo  di bilancio", le cui quote di ammortamento sono deducibili in misura  corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla  legge.
      In sostanza, qualsiasi diritto iscritto nell'attivo di bilancio costituisce bene immateriale ammortizzabile ai sensi dell'art. 68 del TUIR,  quindi fiscalmente a rilevanza strumentale.
      Dal punto di vista del legislatore fiscale, infatti, per i beni immateriali il concetto di strumentalità coincide con quello di ammortizzabilità.
      Se, quindi, il diritto in questione è un bene immateriale  strumentale, il compenso derivante dalla sua cessione genera plusvalenze o  minusvalenze classificabili tra i componenti ordinari.
      Le società calcistiche, infatti, hanno come oggetto sociale l'esercizio di attività sportive e delle attività connesse o strumentali, quali la preparazione e la gestione di squadre di calcio. Il trasferimento  di un calciatore è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, e rappresenta un evento collegato all'attività ordinaria della società calcistica.
      Nello schema di bilancio che il legislatore ha recepito dalla IV Direttiva CEE, il carattere ordinario o meno di un provento deve essere valutato con riferimento alla sua estraneità all'attività ordinaria  dell'impresa, circostanza che non è sicuramente riscontrabile nel caso in  esame.
      In base ai principi contabili, la gestione ordinaria si distingue in gestione caratteristica e gestione accessoria. Le plusvalenze e le  minusvalenze derivanti dall'alienazione di immobilizzazioni, quando la  cessione del bene costituisce, come nel caso in esame, un evento ordinario  della gestione dell'impresa, fanno parte dei proventi e oneri della gestione  ordinaria accessoria.
      Nello schema di conto economico di cui all'art. 2425 del codice civile, le plusvalenze e le minusvalenze devono essere imputate rispettivamente alle voci A) Valore della produzione - 5) altri ricavi e  proventi e B) Costi della produzione - 14) oneri diversi di gestione e non alla voce E) Proventi ed oneri straordinari.
      Infine, si osserva che la FEDERAZIONE ITALIANA... si limita ad affermare che i proventi in questione "non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali, soggette all'imposta regionale sulle attività  produttive" senza addivenire a una qualificazione degli stessi, utile ai  fini del loro corretto trattamento tributario. Si può supporre che,  contrariamente a quanto sopra affermato, essi siano considerati proventi straordinari, classificabili nella voce di conto economico E) - 20) e che in  quanto tali non siano da assoggettare ad IRAP.
      Tale conclusione non sarebbe condivisibile. Nell'ipotesi in cui si volesse considerare tali proventi componenti straordinari di reddito, essi sarebbero comunque imponibili ai fini dell'IRAP sulla base del principio di  correlazione, sancito all'art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/97. E ciò, in quanto tali componenti sono chiaramente correlati al costo, deducibile ai  fini IRAP, a suo tempo sostenuto dalla società di calcio per acquisire il  diritto alle prestazioni sportive dell'atleta.
 
  Conclusioni
      L'importo pagato dalla società sportiva cessionaria per ottenere la cessione del contratto dell'atleta deve essere iscritto nell'attivo dello Stato Patrimoniale, tra le altre immobilizzazioni immateriali, alla voce  B.I.7. Esso rappresenta il corrispettivo dovuto per succedere nel contratto  di prestazione sportiva esistente e in tal modo acquisire il diritto alla  prestazione esclusiva dell'atleta, sia pure a tempo determinato.
      Tale diritto costituisce un bene immateriale, strumentale all'esercizio dell'impresa, sia fiscalmente, perchè ammortizzabile ai sensi  dell'art. 68 del TUIR, sia civilisticamente, perché necessario per  conseguire l'oggetto sociale.
      La plusvalenza, o la minusvalenza, realizzate su tale diritto a seguito della cessione del contratto di prestazione sportiva, sono relative  ad un bene strumentale e devono essere considerate componenti ordinari e non  straordinari di reddito, classificabili rispettivamente nelle voci di conto  economico A) - 5), ovvero B) - 14).
      Ne consegue che esse concorrono a formare la base imponibile IRAP della società sportiva ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 446 del  1997.
      Infine, si ritiene che le società calcistiche, che si siano uniformate alle indicazioni fornite dalla FEDERAZIONE ITALIANA... e non  abbiano, pertanto, assoggettato ad IRAP le plusvalenze in questione, non  possano invocare, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, la causa di  non punibilità consistente nell'errore sul fatto o sull'obiettiva  condizione di incertezza della portata della norma, prevista dall'art. 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la cui applicazione presuppone  l'assunzione di comportamenti comunque ispirati alla normale diligenza da parte del contribuente. Circostanza quest'ultima che non ricorre necessariamente per il semplice fatto di aver uniformato il proprio  comportamento alle indicazioni dell'associazione della categoria di appartenenza.
 
				 
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